La pioggia mi perseguita…

Eccomi qua per proseguire il mio racconto… Dopo due settimane di ferie, sono tenuta a rendermi conto che la pioggia – che ci ha perseguitato in Europa per quasi tutto l’inverno e dalla quale pensavo di essere riuscita a fuggire con la mia partenza – mi ha seguito fino a qua: dal mio arrivo sono riuscita a vedere tre-quattro giorni di pieno sole…

Settimana scorsa decidiamo – con i miei – di andare a Rio per alcuni giorni: una scappatella meritata, dopo che mi ero "laureata" con 10 e lode negli esami iniziali del mio check-up annuale. Partiamo domenica, in mattinata, così evitiamo il rush della mattina di lunedì nel ingresso di Rio.

Verso mezzogiorno eravamo a Copacabana. Nell’appartamento non c’è energia elettrica: l’erogazione è stata sospesa per mancanza di pagamento!!!! Questo nonostante la bolletta sia addebitata automaticamente in banca… cosa sarà successo? Non si sa e domenica non si può sapere … quindi, prendiamo spunto da Rosella O’Hara e diciamo: "Ci penseremo domani!"

Prendiamo un appartamento in uno degli alberghi vicini… lasciamo la macchina in garage (non mi va di stare a cercare posto per parcheggiare…) e usciamo per pranzare. Quando arriviamo al ristorante, me ne accorgo che la mia paura di non trovare posto per parcheggiare – essendo domenica – era totalmente infondata. Nei giorni successivi, però, soprattutto per via della pioggia continua, ho fatto benissimo a lasciare la macchina in albergo: ci siamo spostati in taxi! Rio con la pioggia è come tutte le metropoli: un caos totale!

Mangiamo nel ristorante che fa parte della storia della famiglia: sono anni che lo frequentiamo – forse una quarantina di anni… – e ancora ha un ambiente molto accogliente e una cucina deliziosa. Si chiama Degrau, che tradotto letteralmente sarebbe "Gradino". Riusciamo a entrare dopo circa 10-15 minuti di attesa. Dopo l’inevitabile "caipirinha" (fantastica, con cachaça e non con vodka!) chiedo una pietanza ben brasiliana… amo la cucina italiana, ma mi manca la cucina del mio Brasile.

Dopo il pranzo, una bella e pigra passeggiata per la Visconde de Pirajá – la strada dove si trova questo ristorante e che mi porta tanti bei ricordi. Decidiamo di andare al teatro Casa Grande – che è vicino – a vedere "Gaiola das loucas" (Gabbia delle matte). Purtroppo, dopo una mezz’oretta di fila, scopriamo che i biglietti che stanno vendendo sono solo per gli spettacoli della settimana prossima: da giovedì in poi e noi pensiamo di ritornare a Juiz de Fora proprio giovedì. Quindi: niente da fare!

Deluse, decidiamo di rientrare in albergo, anche perché il cielo comincia a farsi molto scuro e minaccioso. Saggia e tempestiva decisione: appena arriviamo in albergo, l’acquazzone viene giù. Piove per più di due ore, senza sosta e molto forte.

Nel giorno successivo, il notiziario nella TV ci informa dei danni in tutta città: venti di più di 90 kh/h, allagamenti un po’ dappertutto,  aeroporti (Tom Jobim e Santos Dumont) fermi per tutta la durata della pioggia, palli della luce buttati giù come fossero stecchini e lo stesso con alcuni alberi che sono stati letteralmente sradicati. Insomma: la Città Meravigliosa soffre gli effetti della tempesta della notte precedente.

Senza voglia di andare in giro con ombrelli, decidiamo di fare un giro per il commercio vicino e poi di andare a prendere mia nipote, a rua (via) Joana Angélica, per pranzare con noi. Nel pomeriggio, una passeggiata in riva al mare e poi di nuovo di corsa verso l’albergo, prima che ricominci a piovere, cosa che succede puntualmente. Il caldo, tuttavia, era e rimane intenso!

Il programma si ripete nei giorni successivi… Non mi va di andare a vedere altri spettacoli: volevo vedere "Gaiola das loucas"… non mi va nemmeno di chiudermi in un cinema… Il mio desiderio era solo quello di passeggiare in riva al mare e respirare quella brezza che mi parla al cuore: la brezza che ha sapore e odore di casa!

Giovedì, la pioggia – già più sfacciata, poiché ormai è con noi da giorni e non fa più finta… – non aspetta il pomeriggio per farsi viva: è già cominciata a cadere quando esco dalla doccia e guardo attraverso la finestra per vedere "che tempo che fa".

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Scendiamo per la colazione e, di seguito, lasciamo l’albergo. Andiamo a Ipanema a prendere mia nipote, che ha deciso di venire con noi a Juiz de Fora, e veniamo via.

Sulla strada, appena superiamo il limite tra lo Stato di Rio de Janeiro e quello di Minas Gerais, il sole si apre splendido: meno male che la pioggia è rimasta indietro!

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Mai fatto un viaggio così brutto…

Arriviamo a Lisbona nell’orario previsto. Mi fermo per mangiare un pezzo di pizza (è il vizio degli italiani all’estero: vedere se la pizza degli altri fa veramente schifo… non sono italiana, ma, dopo tutti questi anni in Italia, incorro nello stesso vizio. E provo… Fa schifo sì!)

Meno male che fa schifo, perché appena mangio un primo pezzo, la voce impersonale di quella che fa gli annunci all’aeroporto invita tutti quelli che devono partire dai gate 40 a 47 a dirigersi al controllo passaporti "con urgenza"… Mollo la pizza e vado. Siamo in tanti a quasi correre per un lunghissimo e ampio corridoio fino al controllo passaporti, che sta molto lontano da dove siamo scesi dall’aereo precedente. Qualcuno si ferma per prendere fiato (anche la sottoscritta…) e finalmente arriviamo alla destinazione dove veniamo selezionati (e separati) in tre file diverse: il resto del mondo, i cittadini UE, EUA e CH e quelli che hanno già il mitico passaporto elettronico… wow! Con il mio passaporto portoghese, sono ammessa nella seconda fila!

Il controllo è rapido. Usciamo dal controllo passaporto e guardiamo intorno per vedere dov’è il gate 45 – quello che tocca a noi… È lontano, molto lontano… alla fine di un altro lunghissimo e ampio corridoio dove solo nel tratto finale ci sono tre pezzi di tapis roulant. Guardo attraverso i finestroni alla mia sinistra e mi rendo conto che, in pratica, stiamo ritornando al ponto di partenza della corsa iniziale, solo che separati da un terzo corridoio all’aperto.

Insomma: abbiamo fatto un percorso a ferro di cavallo, solo per farci controllare i passaporti… Mi chiedo se non era possibile mettere questo posto di controllo in un punto più accessibile a tutti… Ad ogni modo, la cosa non mi spaventa. Non mi chiedete il perché… ho sangue portoghese nelle vene e non sarebbe carino dirvi il perché!

L’imbarco è fatto con tanto ritardo; previsto per le ore 22h20, viene fatto alle 23h30 inoltrate. La partenza dopo mezzanotte. Mando un ultimo messaggio a Diogo e gli dico di controllare il volo tramite Internet, per evitare che si precipiti all’aeroporto troppo presto domani mattina.

A me tocca il posto 33G, in fondo, fila di mezzo, ma, per fortuna corridoio. L’imbarco sta per concludersi e nessuno si è seduto accanto a me: che gioia… un altro viaggio tranquillo e con spazio. Eh… no! Non hanno ancora chiuso la porta dell’aereo. Sul mio corridoio viene in mia direzione un tipo di circa 120-130kg. No, mio Dio. Fai che non si sieda accanto a me. E invece sì… solo che non si siede e bensì smonta letteralmente – appena mi alzo per farlo entrare – sul sedile accanto al mio… occupando, oltre il suo sedile, anche 1/3 del mio. Suda e non ha un odore gradevole.

Mi alzo e vado – spaventata anche dal fatto che ho tanto dolore alle costole, proprio dal lato sinistro, che sarà alla portata del gomito del mio grosso e grasso compagno di viaggio – a parlare con le hostess… per favore, un altro posto??? "Ci dispiace tanto, signora. Non abbiamo nulla… neanche in business class… è tutto pieno!!

Per circa una parte del viaggio cerco di accettare la situazione… uso anche un libro che ho acquistato all’aeroporto, per proteggere le mie povere costole da eventuali gomitate. Quello dorme e russa… e l’odore che emana è sempre più sgradevole. Deciso di ribellarmi e vado a sedermi la indietro, nei sedili riservati alle hostess. Scomodo, ma da sola e senza rischi di essere colpita da un gomito pesante… Un viaggio da incubo… Non vedo l’ora che finisca!

Stranamente, finisce esattamente alle 06h40… come ha fatto a recuperare il tempo perso all’imbarco??? Boh… non lo so! Spero che Diogo sia fuori ad attendermi. C’è! Fa caldo, ma in cielo è cupo! Veniamo direttamente a Juiz de Fora, dove arriviamo intorno alle ore 10. Sono distrutta: stanca e le costole mi fanno tanto male. Ho preso appuntamento con l’ortopedico per domani.

Mi faccio una bella doccia per levarmi di dosso la stanchezza e poi, il pranzo… una parte della famiglia è presente: mio fratello con mia cognata, mia nipote con i due figli, mia sorella con mio cognato, mia matrigna e Diogo, che rimane con noi per pranzo e ripartirà più tarde, alla volta di Rio, poiché domani deve lavorare.

Non mi muovo da casa tutto il pomeriggio. Sono stanca. All’imbrunire arriva Elaine – carissima amica di vecchia data – per darmi il benvenuto. Ci aggiorniamo sulle ultime e lei se ne va. Nonostante la stanchezza, voglio pubblicare questo secondo post. Sono le 21h45 (1h45 in Italia) e credo che siete al letto… domani leggerete il mio resoconto sulla seconda parte del viaggio.

Così vi tengo informati e forse vi faccio ridere…

Gli ultimi tempi sono stati difficili… lo sono sempre prima della mia partenza! Ad ogni modo, credo di essermela cavata bene, senza lasciare morti o feriti, vittime del mio insopportabile carattere degli ultimi trenta giorni…

Quasi alla vigilia della partenza, vengo travolta, quando mi avvicinavo alla porta della Radio, da un senegalese alto più di 1,80m (credo, perché non ho avuto molto tempo per vederlo bene) che correva verso la mia direzione, ad una velocità di circa 30-40km/h, cercando di sfuggire ai finanzieri. Risultato: dopo un "volo" di circa 5-6m all’indietro, la sottoscritta si è sfracellata per terra come un sacco di patate. Questo accadeva il venerdì, 26 febbraio. Sabato sera, 27, avevo difficoltà a respirare e un forte dolore sotto l’altezza del cuore. Sicuramente una costola fratturata o quanto meno incrinata. Per ora non voglio sapere: quando arriverò in Brasile, farò una lastra per scoprire…

Giorno della partenza: martedì, 02 marzo. Sono preoccupata per il peso delle mie enormi valigie. Mi faranno pagare eccesso di peso? Posso portare 23kg in ogni valigia, ma Massimo mi dice che pesano di più.

Nei dubbi e nella paura che ci sia un’enorme fila per i controlli doganali, arriviamo all’aeroporto con più di due ora di anticipo: il biglietto dice Terminal 1. Invece, sul tabellone non c’è. Boh… volo cancellato? Chiedo informazioni. No, signora – dice la ragazza, sorridendo – il suo volo esce dal Terminal 3. Ah… grazie!

Nel frattempo, abbiamo pesato le valigie in uno degli sportelli di check-in non utilizzato in quel momento. Uffa… che sollievo: una pesa 22,1kg e l’altra 23,6kg. Tranquillizzata da questa informazione, vado a "plastificare" le valigie, così sono più protette (magari anche da furti???)

Arriviamo allo sportello del check-in… solo due persone davanti a noi. Faccio tutto rapidamente, saluto Massimo e mi avvio ai controlli doganali, così Massimo può andare via, poiché c’è Dino che lo aspetta fuori, in macchina!

Anche i controlli doganali fatti in un battibaleno ed eccomi dentro… ancora non erano le 5… e l’imbarco sarebbe iniziato solo alle 18h20. Bevo una spremuta d’arancio, giro un po’ per i negozi (uno di loro vende le stesse borse che vendono i "vugumbrà", ma più care). Compro qualche sciarpa di seta per fare qualche pensierino… avessi dimenticato qualcuno (non costano tanto… almeno non quelle che ho comprato, perché prima, sono entrata nel negozio di Ferragamo e le sciarpine costavano niente popò di meno che €125,00…)

Poi, mi siedo, prendo il cellulare e comincio a chiamare: Massimo, Bianca (che mi richiama più tarde), Franz e Débora. Invio anche un sms a Diogo, mio nipote, che domani andrà a prendermi all’aeroporto, a Rio – povero amore – alle 06h40…

Chiamano quasi puntuali per l’imbarco – e che volevate: mica è la Swiss Air… è la TAP… efficiente, ma calma… niente fretta! Dentro l’aereo me ne accorgo finalmente che non mi hanno dato il posto 7 come Rosaria aveva prenotato, ma bensì il 25F. Decido di accettarlo: magari mi porta bene. Infatti: sono da sola. Mi siedo sulla poltrona del corridoio e non ho nessuno accanto a me. Che gioia!

Alla mia sinistra, nella fila di dietro, una tipa sulla trentina, un po’ cicciota e coi capelli ricci, dà le ultime istruzioni – via cellulare – a qualcuno, sulle sue… "ultime volontà"… parla addirittura su cosa dovranno fare della salma!!!!!! Mi giro e la guardo inorridita. Non se ne accorge nemmeno e spiega al suo interlocutore che gli aerei cascano. Voglio ammazzarla… Finalmente spegne il maledetto cellulare e se ne sta zita… magari pensando al suo funerale. Stronza!

Prima parte del viaggio con il cinto di sicurezza stretto: troppa turbolenza! "Che strada piena di buche percorre questo pilota – penso scherzando, cercando di non pensare. Dura quasi una mezz’oretta e poi si calma! Le hostess servono un panino, bibita e caffè. Rincuorata, decido che è ora di cominciare a scrivere… A più tarde!

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