Si vergogni, Altezza Reale…

Londra, 28 dic (AGI) – Si è messo in un bel guaio il principe Edward, sorpreso a picchiare con un bastone uno dei suoi cani durante una battuta di caccia.

Le immagini del figlio 44enne della regina d’Inghilterra, pubblicate da alcuni quotidiani britannici, hanno immediatamente provocato una rivolta delle organizzazioni per i diritti degli animali. E molte sono anche le persone che hanno mostrato sui blog dei quotidiani la loro indignazione per quell’atto "orribile e disgustoso".

Edward Nelle foto si vede Edward che colpisce con un grosso bastone uno dei due Labrador nella riserva privata di Norfolk, nell’Inghilterra orientale.

Alla spedizione di caccia, secondo il "Daily Mail", hanno partecipato anche gli altri rampolli della Casa reale, William, Andrew, Philip e il marito della principessa Anna, Tim Laurence.

La notizia ha creato un tale terremoto da costringere Buckingham Palace a intervenire dando una versione "ufficiale" dell’accaduto: Edward non ha picchiato nessuno dei due cani ma ha tentato solo di dividerli perché "stavano litigando per un fagiano".

Non è la prima volta che la famiglia reale viene accusata di crudeltà sugli animali. Lo scorso anno, il principe Philip uccise una volpe con l’asta di una bandiera, e il principe Harry fu interrogato dalla polizia per aver sparato a due rarissime specie di uccelli. Ma anche la regina Elisabetta non si può considerare propriamente un’animalista: otto anni fa fu infatti sorpresa a tirare il collo a un fagiano.

di Carmen de Andrade Inviato su Personale

Bimbo di un anno salvato dai gatti randagi

Ha un che di fiabesco la storia di un bimbo argentino di un anno, scomparso da un paio di giorni e ritrovano in mezzo ai gatti. Come Mowgly, il protagonista del Libro della Giungla, di Rudyard Kipling, che si salvò perché adottato da un branco di lupi, anche questo piccolo cucciolo d’uomo, in Argentina, è sopravvissuto grazie al calore di un gruppo di gattoni che lo hanno protetto dal freddo finché non è stato ritrovato.

Secondo i medici, il bimbo ha potuto resistere solo grazie agli animali che lo hanno accudito. A trovarlo è stata una poliziotta della località argentina di Misiones che, camminando lungo un canale, ha visto "un gruppo di gatti accovacciati l’uno vicino all’altro, in modo inusuale". La donna ha raccontato di essersi avvicinata e di aver visto allora il bimbo.

"Quando mi sono avvicinata _ ha raccontato la poliziotta _ sono diventati molto protettivi nei suoi confronti. Lo stavano tenendo caldo mentre dormiva."

Il padre del bambino, si legge sul Sunday Telegraph è un senzatetto che ha raccontato come i gatti fossero sempre stati molto protettivi con il piccolo. (ANSA)

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di Carmen de Andrade Inviato su Gatti

Cani e gatti tristi? Depressi? Imbottiamoli di Prozac…

A che punto siamo arrivati… 

Il sito “Tiscali.animali” ha pubblicato l’articolo sotto. Bisogna rifletterci sopra, perché l’umano, quando adotta un animale da compagnia, deve guardare l’adozione da entrambi i lati, cioè, l’animale rinuncia alla sua libertà, per vivere in una casa, da “animale domestico”, ma anche l’umano deve rinunciare a tante piccole cose del suo quotidiano, per far felice quel essere che non chiede nulla in cambio dell’amore incondizionato che ci dona… Non chiede, ma spera _ E SI MERITA!!! _ la nostra attenzione, le nostre cure, la nostra dedizione ed anche gran parte del nostro tempo.

Se siamo disposti a farlo, ok! Altrimenti, è meglio rinunciare ad adottare un animale da compagnia, perché anche loro hanno sentimenti e attese nei nostri confronti!

Immaginate a pensare a questo piccolo gattino della foto sotto, da solo a casa _ mentre il suo umano è al lavoro o si diverte un mondo _ a gironzolare tra le mura domestiche, coltivando la solitudine e risentendo la mancanza di intercambio e di interazione. Mettetevi al posto suo: come vi sentiresti?!…

 

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“Chiusi fra quattro pareti come i loro padroni bipedi, per i cani una passeggiatina di pochi minuti al giorno per fare i bisogni lontano dai domestici pavimenti, per i poveri gatti neanche quella. Questa è la situazione di molti animali da compagnia e la condanna nei pochi metri quadrati di un’abitazione media di città può essere a vita.

Certo in cambio ci sono pasti sicuri, cure e coccole a volontà. Ma se ai nostri amici a quattro zampe non basta, la depressione è dietro l’angolo anche per loro. E allora che fare? Portarli fuori più spesso, comprare una casa con giardino per lasciarli liberi di fare le loro scorribande e i loro minitour di innumerevoli pipì sparse in giro? No, meglio il Prozac.

È questa l’ultima tendenza che, guarda a caso, arriva dagli USA. Mezza pastiglia da 10 milligrammi una volta al giorno. Il Prozac, quello vero, è forse troppo costoso per sprecarlo su un animale, ma una confezione del farmaco generico corrispondente, la fluoxetina, si acquista con 16 dollari e dura quattro mesi. Può bastare perché la terapia faccia il suo effetto. I gatti smettono di fare pipì ovunque, di aggrapparsi alle tende, di graffiare il vicino di casa o qualunque altro estraneo gli capiti a tiro. I cani diventano più mansueti e smettono di strattonare al guinzaglio solo perché hanno sentito un odore più interessante degli altri.

E così negli Stati Uniti si è diffusa la consuetudine, adottata da star della veterinaria, di sottoporre gli animali domestici a terapie antidepressive che curano disturbi dell’umore e del comportamento che possono tradursi in un problema serio. Ma serio per chi? In ogni caso, la nuova frontiera della veterinaria può essere il Prozac, il Buspar, l’amitriptilina o la clomipramina. I farmaci destinati agli animali sono quelli prescritti agli esseri umani che controllano i livelli della serotonina nel cervello.

Certo prima del farmaco ci vuole un veterinario che stenda una diagnosi. Secondo Melissa Bain, capo del dipartimento di veterinaria alla Davis School of Veterinary della University of California, una visita da un veterinario comportamentista (nel mondo ce ne sono solo 42) costa circa 550 dollari, senza contare la parcella di una visita a domicilio.

Ma finalmente un lume in questo buio visto che, osserva la Bain, meglio sarebbe trattare gli animali per quel che sono. “Vent’anni fa, un border collie sarebbe vissuto in un ranch del Colorado _ dice la dottoressa _ non nel cuore di San Francisco. Prima di sottoporli a cure, terapie e cose di questo genere, dovremmo guardarli negli occhi e chiederci: mio Dio, che cosa vi abbiamo fatto…”

 

Ed io aggiungo: prima de adottare un animale _ cane, gatto o qualunque animale sia _ informatevi sulle esigenze specifiche delle diverse razze e/o specie, e poi cercate di abbinare queste esigenze al vostro stile di vita. Così facendo, potete dimenticarvi del Prozac, poiché non avrete mai un animale depresso a casa, ma un compagno con in quale condividere tutti i momenti delle vostre vite: la vostra e quella del vostro amico a quattro zampe!

Buon Natale a tutti!

Gli animali hanno un’anima?

Chico_Terminillo_30dez07_01 Anche i leghisti, eccezionalmente, dimenticano di essere beceri celoduristi interessati solo alla strenua difesa dei loro interessi, ed avanzano proposte in Parlamento, con l’appoggio della sinistra, che denotano un’anima candida, anzi a sentire le parole della promotrice, onorevole Francesca Martini, ritengono che anche gli animali la posseggano, almeno i più abituati a vivere con l’uomo come il cane, il gatto, il cavallo.

Torneremo a discutere dell’argomento, ma prima spendiamo qualche parola sulle iniziative della sottosegretaria alla salute, una piacente signora bionda, molto chic, amante dei bei vestiti e dei tacchi a spillo, proveniente da un’antica e stimata famiglia di medici e farmacisti, da sempre impegnata nel difendere i diritti degli animali, come quando, avendo letto sui quotidiani che Trenitalia si apprestava a vietare l’ingresso sui vagoni ai cani superiori ai 6 kg, si è precipitata dall’amministratore delegato Moretti, in rappresentanza di 6 milioni di proprietari e lo ha convinto a recedere dalla sua decisione.

Quindi una proposta rivoluzionaria: una mutua per i cani poveri. “Non è giusto che solo i ricchi possano permettersi la compagnia di un cane, bisogna dare alle persone sole ed alle famiglie disagiate pacchetti sanitari gratuiti per la salute dei loro piccoli amici.” Fin qui le lodevoli ed originali idee della bella e combattiva deputata, ma vorrei tornare al cuore della discussione per affrontare l’argomento: anche gli animali hanno un’anima?

Fino a metà del medio evo si riteneva che la donna non possedesse un’anima e lo scopo della sua vita era unicamente legato al suo percorso terrestre senza speranza alcuna di trascendenza: tenere pulita la casa, soddisfare le pulsioni sessuali degli uomini ed assicurare la procreazione.

Nell’ambito degli studiosi, Tertulliano, vissuto tra il 160 ed il 250, fu il primo a porsi il problema dell’animazione del prodotto del concepimento che trovò poi con S. Agostino una risposta accettata dalla Chiesa per molti secoli; il grande pensatore riteneva che l’animazione avvenisse prima della nascita, anche se non precisava quando.

S. Alberto Magno, vissuto quasi mille anni dopo, affermava viceversa che il maschio possedeva un’anima 40 giorni dopo il concepimento, mentre una femmina dopo 90.

S. Tommaso d’Aquino (1225-1274), sul cui pensiero si fonda la teologia e l’etica cristiana, sosteneva la tesi dell’animazione ritardata”, secondo la quale l’anima non poteva essere infusa al momento della fecondazione, perché la materia, il “corpo”, non è adeguatamente preparata a ricevere la forma, l’anima”, per cui si deduce che quest’ultima è infusa “dopo un certo tempo”.

In tempi recenti sul problema si è espresso Jacques Maritain, il più grande filosofo cattolico del nostro secolo, il quale, nel 1973, ben conoscendo le nuove frontiere della biologia, dopo la scoperta del DNA e del corredo cromosomico, ha ritenuto un’assurdità filosofica credere che al momento del concepimento ci sia l’anima spirituale. La questione dell’animazione fu sancita definitivamente da Pio IX, il quale, nel 1869, nella “Apostolicae sedis”, acclarò che, qualsiasi fosse il periodo di gestazione, il prodotto del concepimento possedeva un’anima.

Per rispondere alla domanda se esiste o meno l’anima nell’animale, oltre che nell’uomo, bisognerebbe prima capire che cosa si intende per anima, la quale dovrebbe essere un’entità immateriale, che sopravvive dopo la morte fisica. Sotto l’aspetto scientifico questa definizione potrebbe essere vera, dal momento che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E se questo e valido per la materia potrebbe esserlo anche per la sua componente energetica.

Le religioni orientali  riconoscono l’anima ad ogni creatura, dotata della stessa dignità umana con la medesima possibilità di raggiungere altissimi livelli di spiritualità, indipendentemente dal corpo in cui risiede. Per i Veda tutti gli esseri viventi sono spiritualmente uguali, perché tutti nascono dalla stessa sostanza.

Erotodo affermava che gli Egizi per primi affermarono l’immortalità dell’anima e che questa trasmigra attraverso tutti gli esseri prima di incarnarsi in un corpo umano; più tardi anche Liebnitz sostenne che le anime degli animali sono imperiture. Pitagora, secondo la sua dottrina della metempsicosi, afferma che uccidendo un animale, può accadere di uccidere il proprio stesso padre. Empedocle riteneva che negli animali s’incarnassero le anime degli uomini. Anche per Platone, una sola anima passa attraverso una pluralità di vite e di corpi. Plutarco scrisse un’esauriente opera circa la somiglianza dell’uomo con gli animali. Mentre per Aristotele, non solo gli animali ma anche le piante posseggono un’anima, principio e causa del corpo vivente, sostanza reale e sorgente di movimento. E Lucrezio diceva che gli uomini sono differenti dagli animali solo nella forma fisica.

Nel seno della Cristianità il problema dell’anima degli animali viene ripreso da molti santi, tra questi S. Bernardo che chiama “spirito” l’anima degli animali. Anche S. Giovanni Crisostomo parla dell’immortalità dell’anima degli animali, mentre S. Giustino afferma che l’anima dell’uomo appartiene alla stessa natura di quella del cavallo e dell’asino.

D’altronde come potrebbe essere diversamente? Vi sono inconfutabili analogie fisiologiche e neurologiche tra noi e gli animali e, anche a livello scientifico, i grandi primati sono simili a noi per una percentuale molto alta, vicina al 90-95% dei geni.

Gli animali, come l’essere umano, sono in grado di procreare, sanno a volte usare la logica, sono curiosi. La gelosia tra gli animali è molto diffusa, hanno paura, sono capaci di altruismo, giocano. A volte sanno anche mentire, sanno fingere, hanno il senso dell’organizzazione, sono dotati di senso estetico, sanno essere grati, compassionevoli, sperano, amano, s’innamorano, s’adirano, tengono il broncio, soffrono la solitudine, la delusione, sanno essere altruisti, sanno sacrificare a volte la loro vita per gli altri e si lasciano anche morire di inedia per la perdita del compagno, o del proprio padrone.

E’ innegabile che le facoltà percettive di molti animali (vista, olfatto, udito, facoltà di premonizione extrasensoriali) sono di gran lunga più sviluppate che non negli esseri umani. L’illusione che esistano differenze tra gli uomini e gli animali viene mantenuta, per timore che le somiglianze creino l’obbligo di dover accordare loro dei diritti e di dover rinunciare alla nostra arrogante supremazia su di loro: non avremmo più alcuna giustificazione morale a trattarli in modo diverso da noi.

E’ forse l’intelligenza a rendere l’essere umano una creatura speciale e quindi con la prerogativa dell’anima? Aristotele, Leonardo da Vinci, Einstein all’età di un anno non avevano pensieri più sublimi di quelli di un cane. I primati antropoidi dimostrano relazioni filogenetiche con l’intelligenza umana uguali a quelle di un bambino di due anni, mentre queste capacità sono assenti nei bambini autistici. Questi ultimi, come i cerebrolesi, i comatosi e tutti coloro che non sono più in grado di ragionare, forse, sarebbero privi di anima perché intellettualmente poco dotati?

Le menti più illuminate della cultura laica, hanno tutti difeso l’idea dell’anima negli animali. Diceva il matematico Renè Tom: “C’è più mistero negli occhi del mio gatto che in una galassia in fuga.” E Victor Hugo, quasi in modo provocatorio scriveva: “Fissa lo sguardo del tuo cane e poi osa affermare che gli animali non hanno un’anima.” Mentre Erich Fromm affermava: “L’uomo è l’unico primate che uccida e torturi quelli della sua specie.” Con lo stesso infausto pretesto, che solo l’uomo è ad immagine di Dio, l’essere umano ha trovato modo di giustificare tutti i suoi crimini nei confronti della creazione e ha fatto della Terra un’immensa camera di tortura per gli animali.

Se l’anima dell’animale non perisce con la morte del corpo, è probabile che nell’aldilà ritroveremo gli animali a cui siamo stati affezionati in questa vita. Ma nello stesso tempo i macellai, i vivisettori, i cacciatori, i pellicciai, i pescatori, ognuno che mangia la carne ecc. potrebbe anche incontrare le anime degli animali che ha ucciso e forse sarebbe certamente imbarazzante.

Possiamo forse concludere che l’anima ce l’hanno tutte le creature o non ce l’ha nessuna, perché così sembra giusto oltre che logico. (di Achille della Ragione, su Napoli.com)